Firma falsa sul contratto di fornitura luce o gas? Il consumatore è esonerato dai pagamenti

Manca il consenso del consumatore? Al fornitore non spetta nulla. Doglianza ritenuta fondata dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 261 del 12 gennaio 2021.

Il caso che quivi impegna, riguarda un consumatore, il quale, avendo instaurato un procedimento ai fini della declaratoria di nullità di un contratto di fornitura di energia elettrica e gas, si è rivolto alla Suprema Corte di Legittimità, posto che, la firma nei contratti di fornitura era stata falsificata ad opera di uno degli agenti promotori della società fornitrice.

Tra i motivi lamentati, veniva rilevata la violazione e falsa e/o erronea applicazione di norme del diritto con riferimento all’art. 57 del Codice del consumo, in relazione al concetto di “fornitura non richiesta” ed alla eccezione riconvenzionale di indebito arricchimento promossa dalla società fornitrice ed accolta in sede di gravame.

Secondo gli Ermellini, la ratio della norma di cui all’art. 57 del Codice del consumo, è volta a tutelare il consumatore (parte debole), esonerandolo quindi da tutti gli oneri conseguenti le pratiche commerciali scorrette, anche alla luce della direttiva CE sulle pratiche sleali e/o ingannevoli. Tanto è vero che, l'espressione “il consumatore non è tenuto ad alcuna prestazione corrispettiva in caso di fornitura non richiesta”, per come contenuta nell'articolo 57, deve essere intesa come comprendente anche le obbligazioni restitutorie e indennitarie da indebiti solutio e/o da ingiustificato arricchimento rivendicate dalla società.

Il legislatore quindi, come si legge nella decisione, ha inteso far prevalere gli interessi della parte debole del contratto, a discapito di colui il quale ebbe a scegliere di procedere alla fornitura in maniera unilaterale e soprattutto illecita. Pertanto, su quest’ultimo devono ricadere, in ogni caso, le conseguenze derivanti da tale comportamento.

Altresì, essendo il contratto illecito ascrivibile alla società, alla luce dell'articolo 57 del Codice del consumo, alla stessa, nulla spetta per la fornitura in parola, neppure a titolo di indebito arricchimento ex articolo 2041 codice civile posto che, il consumatore non ha mai prestato alcun consenso in merito.

La vicenda di cui sopra, corrisponde ad un caso analogo del quale il procedimento in primo grado è stato da poco istaurato.

Il sig. Tizio, in occasione di un incontro con l’agente promotore Caio, decideva di stipulare un contratto di fornitura con la società di fornitura di energia elettrica e gas “alfa”. Dopo qualche tempo, non soddisfatto per esoso esborso delle bollette, decise di cambiare la società di fornitura del servizio. In tale occasione però, scoprì che quest’ultima non era più quella stipulata con l’agente promotore ma un’altra ancora. Contratto che Tizio, non ebbe mai ad averne conoscenza, tanto meno a sottoscrivere. Pertanto la firma, è stata palesemente falsificata dall’agente promotore. Il quale, essendo ovviamente in possesso dei documenti d’identità di Tizio (avendo stipulato in precedenza un contratto di fornitura), ha in maniera autonoma ed ovviamente illecita sottoscritto il contratto con la società “Beta”, sostituendosi alla persona di Tizio. Una volta che Tizio, faticosamente è riuscito a ripristinare tutta la situazione, e stipulare in contratto di fornitura luce e gas con la società da lui scelta, la società “Alfa”, pur scusandosi per occorso, ebbe a chiedere le somme per la fornitura avuta dal sig. Tizio. Non solo, non riuscendo ad ottenere le somme “a loro dire” dovute, incaricò una società di recupero crediti, e successivamente, caricandola come speda debito nell’ambito del rapporto contrattuale ripristinato dal consumatore per valersi della delibera U.E. “corrispettivo CMOR”, stabilita con delibera ARG/elt 191/09.

Alla luce di quanto argomentato e stabilito dall’ordinanza della Cassazione n. 261 del 12 gennaio 2021, il sig. Tizio (aldilà di essersi costituito parte civile nel procedimento incardinato, che vede imputato l’agente promotore Caio per il reato p. e p. dall’art. 640 c.p, e per il reato p. e p. dagli artt. 61 n.2, 494 c.p.), nulla dovrà corrispondere alla società “Beta”.  

 

Avv. Anna Alberghina

Appartenente al foro di Enna