Il ruolo dei genitori nelle scelte sanitarie riguardanti il minore

Autodeterminazione significa determinare se stessi: tale concetto esprime non solo un principio, ma un diritto vero e proprio che si concretizza diventando uno strumento attraverso il quale si esercitano i diritti della personalità. Esso trova ampio spazio nell’ambito della legge n.219 del 2017, norma di fondamentale importanza poiché rappresenta una conquista degna di nota in materia di consenso informato.

Tuttavia, il diritto all’autodeterminazione è un concetto molto più ampio, che abbraccia tutti quei campi che riguardano la sfera individuale, oltre ed al di là del diritto alla salute; la libertà di pensiero, l’identità personale, l’intimità privata, il diritto al nome, all’integrità morale e all’immagine etc.; questi sono solo alcuni esempi di una categoria di diritti che non può essere a numero chiuso, ma che è destinata ad evolversi con il passare del tempo e con l’evoluzione della società[1].

Dalla legge in esame si evincono alcune linee fondamentali che valorizzano l’autonomia di ciascun individuo: è espressamente riconosciuta la tutela del principio consensualistico, dato essenziale su cui deve fondarsi qualsiasi relazione medica, nonché il rispetto dell’identità di ogni persona; inoltre, si sottolinea il dovere del medico curante di considerare e rispettare, come esercizio di autodeterminazione o come manifestazione di convinzioni e preferenze di una persona attualmente incapace, le dichiarazioni o altre manifestazioni espresse anteriormente in condizione di piena capacità, seguendo un criterio di valorizzazione delle possibilità di autodeterminazione di minori, anziani, persone debilitate o con facoltà cognitive e decisionali limitate[2].

Dunque piena valorizzazione viene conferita anche alla volontà di un soggetto giuridicamente incapace di provvedere ai propri interessi: questa deve essere determinata da un soggetto appositamente nominato, che può rientrare nella più generale categoria della figura del fiduciario (art. 3, l. 219/2017).

Egli è tenuto ad interpretare autenticamente la volontà dell’incapace, diventando garante della stessa, quasi come se fosse un “alter ego” del paziente[3]. Tuttavia, quest’ultimo conserva un margine di autonomia. Difatti, il testo della norma afferma che “la persona minore di età o incapace ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e di decisione, nel rispetto dei diritti di cui all'articolo 1, comma 1.

Il rispetto degli stessi diritti diviene criterio di concretizzazione dell’interesse dell’incapace nell’esercizio dei poteri di sostituzione, in modo da orientare al meglio le relazioni di cura complesse che legano medico, incapace e rappresentanti legali.

A tal proposito di fondamentale importanza risulta il comma 2 dell’art. 1 della suddetta legge, in forza del quale “è promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico che si basa sul consenso informato nel quale si incontrano l'autonomia decisionale del paziente e la competenza, l'autonomia professionale e la responsabilità del medico”.

Al fine di comprendere meglio l’impostazione dettata dalla l. 219/2017, si può menzionare il recentissimo caso risolto dal giudice tutelare di Modena e dal Tribunale per i minorenni di Bologna: il caso di specie concerne il rifiuto illegittimo opposto dai genitori di un bambino di soli due anni ad un trattamento di emotrasfusione dovuto ad una delicata operazione al cuore. Tale rifiuto, basato sull’incertezza circa la provenienza del sangue da donatori vaccinati (vaccino anti-Covid 19) o meno, è stato considerato dal giudice tutelare di Modena, adito dal personale medico dell’ospedale che aveva in cura il minore, illegittimo ai sensi dell’art. 3, co. 5, l. 217/2019; successivamente il tribunale per i minorenni di Bologna ha sospeso provvisoriamente la potestà genitoriale alla famiglia che, per motivi religiosi, negava l'autorizzazione alla trasfusione di sangue di vaccinati contro il Covid-19[4].

Il giudice tutelare ha ritenuto ingiustificato il rifiuto dei genitori alle cure proposte dai medici ed ha nominato un curatore speciale, incaricandolo di prestare il consenso informato in luogo del minore. Inoltre, il giudice ha sottolineato che in sede di bilanciamento tra il diritto alla salute del minore e la libertà religiosa dei genitori, il primo deve prevalere in virtù del diritto alla vita e alla sopravvivenza riconosciuto al minore dall’art. 6 della Convenzione di New York.

La tesi del giudice era anche rafforzata dal dato scientifico secondo cui era inverosimile ritenere che una trasfusione di sangue potesse comportare la trasmissione dell’mRna vaccinale o della proteina Spike[5].

La fattispecie in rassegna è soggetta alla piena applicazione dell’art. 3, co. 5, l. 219/2017, il quale prevede la remissione al giudice tutelare delle decisioni sanitarie per cui è sorto un contrasto tra genitori o rappresentante legale e il medico. Tuttavia, la norma nulla dice riguardo agli elementi che dovranno essere posti a base dell’iter decisionale.

Pertanto, può essere utile in sede interpretativa il riferimento alla nota sentenza Englaro (Cass. n. 21748/2007): in tale ipotesi la Corte affrontava la richiesta del tutore dell'interruzione dei trattamenti life-sustaining nei confronti dell'interdetta; i giudici precisavano che "il carattere personalissimo del diritto alla salute dell'incapace comporta che il riferimento all'istituto della rappresentanza legale non trasferisce sul tutore, il quale è investito di una funzione di diritto privato, un potere incondizionato di disporre della salute della persona in stato di totale e permanente incoscienza. Nel consentire al trattamento medico o nel dissentire dalla prosecuzione dello stesso sulla persona dell'incapace, la rappresentanza del tutore è sottoposta a un duplice ordine di vincoli: egli deve, innanzitutto, agire nell'esclusivo interesse dell'incapace; e, nella ricerca del best interest, deve decidere non "al posto" dell'incapace né "per" l'incapace, ma "con" l'incapace: quindi, ricostruendo la presunta volontà del paziente incosciente, già adulto prima di cadere in tale stato, tenendo conto dei desideri da lui espressi prima della perdita della coscienza, ovvero inferendo quella volontà dalla sua personalità, dal suo stile di vita, dalle sue inclinazioni, dai suoi valori di riferimento e dalle sue convinzioni etiche, religiose, culturali e filosofiche".

Applicando tali principi alla fattispecie di cui prima, si può concludere che il giudice tutelare chiamato a risolvere il conflitto tra il medico e il rappresentante legale, è tenuto a decidere a favore della posizione che meglio tutela l'interesse del paziente, che in tal caso coincideva con la posizione espressa dai sanitari, poiché appariva maggiormente tutelante della vita e della salute del fanciullo[6].

In sostanza, i genitori, così come i tutori nel caso degli incapaci, sono chiamati alla manifestazione della volontà che il minore esprimerebbe in base alla propria personalità e alle proprie inclinazioni, pur sempre nell’ottica del cosiddetto best interest of the child, principio fermamente acclamato in ambito internazionale e poi trascritto anche nel testo del comma 1 dell’art. 3, l .219/2017.

Laddove i genitori rifiutino le cure mediche prescritte, mentre il medico ritenga che esse siano necessarie ed appropriate, allora la decisione è rimessa al giudice tutelare su ricorso del rappresentante legale della persona interessata o dei soggetti di cui agli articoli 406 e seguenti del codice civile o del medico o del rappresentante legale della struttura sanitaria (art. 3, co. 5, l. 217/2019).


Dott.ssa Denise Lopardo

[1] A. Nella Manzione, “Una vittoria per la dignità della vita: la Legge n. 219 del 22 dicembre 2017. Breve commento e riflessioni.”, in Giurisprudenza penale, 2018, 7-8

[2] P. Zatti, “Spunti per una lettura della legge sul consenso informato e DAT”, in www.rivistaresponsabilitamedica.it, 31 gennaio 2018

[3] P. Zatti, “Spunti per una lettura della legge sul consenso informato e DAT”, in www.rivistaresponsabilitamedica.it, 31 gennaio 2018

[4] Tratto dall’articolo “Sospesa la potestà ai genitori che rifiutano per il figlio trasfusioni di sangue da vaccinati”, in www.rainews.com, 10 febbraio 2022

[5] A. Scalera, “Genitori no-vax rifiutano le emotrasfusioni al figlio? Va nominato un curatore speciale”, in www.altalex.com, 14 febbraio 2022

[6] Sul punto: A. Scalera, “Genitori no-vax rifiutano le emotrasfusioni al figlio? Va nominato un curatore speciale”, in www.altalex.com, 14 febbraio 2022; R. Di Raimondo, “Per nostro figlio solo sangue No Vax: i genitori bloccano l’intervento al cuore”, in www.larepubblica.it, 7 febbraio 2022; F.Q., “Bologna, operato bambino con genitori no vax: si erano opposti per non ‘contaminare’ il suo sangue con quello dei vaccinati per il Covid”, in www.ilfattoquotidiano.it, 18 febbraio 2022.