La reale portata costituzionale della Fornero
Che sia stato fatto tanto rumore per nulla, che la portata della decisione della Consulta sia, come la
definisce Pietro Ichino sul quotidiano Il Foglio, «molto più modesta» appare una definizione
azzardata. Nella specie: la Corte ha dichiarato incostituzionale la legge Fornero nella parte in cui,
nell’ambito dei licenziamenti economici, in caso di manifesta insussistenza di giustificato motivo
oggettivo (ndr totale assenza di ragioni organizzativo/produttive, causalità con il licenziamento, onere
di repêchage) sia lasciata al giudice discrezionalità circa l’applicazione della tutela applicabile al
lavoratore ingiustamente licenziato.
Certo, su quest’ultimo punto non vi è alcun dubbio. Lasciare ampia e libera scelta al giudice riguardo
le tutele applicabili, senza cioè dare precisi limiti/parametri di riferimento, può portare a conseguenze
di non poco conto sia per il lavoratore, in una prospettiva di reintegrazione nel posto di lavoro o nel
beneficio di 15 mensilità (unitamente alle dodici mensilità massime dovute per il periodo di
estromissione), che per il datore di lavoro nella aspettativa di un mero risarcimento indennitario
sicuramente inferiore alle conseguenze derivanti da una reintegra.
La riforma Fornero (l. n. 92/2012), esclusi i casi di licenziamento c.d. discriminatorio, orale e negli
altri casi previsti dall’art.18, co.1, dello statuto dei lavoratori, ha previsto per la totale insussistenza
del fatto posto alla base del licenziamento, sia che riconducibile ad inadempimento che a ragioni
economiche, l’applicazione di una tutela c.d. reale attenuata consistente nella reintegrazione del
lavoratore nel posto di lavoro (o in alternativa una indennità consistente in 15 mensilità) unitamente
ad una indennità risarcitoria non superiore alle 12 mensilità per il periodo di estromissione medio
tempore subito dal lavoratore fino a quello della reintegra (o fino alla percezione delle 15 mensilità).
Il problema è che da un decennio a questa parte le norme peccano di scarsa tecnica legislativa; seppur
l’animus della riforma, come anche il Jobs Act, mirava ad un incremento dell’occupazione tramite lo
spostamento della sicurezza dal (nel) rapporto al mercato del lavoro, introducendo quindi un sistema
a carattere indennitario dove il lavoratore, ingiustamente licenziato, si ritrovava e si ritrova “a piedi”
con l’unico beneficio di una somma economica non certamente paragonabile alla sicurezza del posto di lavoro ma con l’obbiettivo di garantire un maggior flusso di occupazione in entrata, questo viene
ostacolato da errori giuridico legislativi che denotano una scarsa visione del sistema costituzionale.
La locuzione censurata dalla Corte è una di queste, non sarebbe consentito al giudice di scegliere
indiscriminatamente quale tra le due tutele applicare senza che vi siano parametri legislativi che
rispettino i canoni di ragionevolezza ed adeguatezza invocati dalla Corte, a nulla rilevando
interpretazioni estensive del palazzaccio. D’ora in avanti, nei casi di manifesta insussistenza del fatto
posto alla base del licenziamento economico, al lavoratore spetterà la più ampia tutela reintegratoria
al pari di quanto accade negli altri casi di licenziamento (giusta causa, giustificato motivo soggettivo)
nei quali sia ravvisata una totale e palese insussistenza dei motivi sottostanti al recesso datoriale.
Venendo alle “ombre” della sentenza mi sembra chiaro un passaggio che la Consulta da nella
motivazione della decisione: “L’esercizio arbitrario del potere di licenziamento, sia quando adduce
a pretesto un fatto disciplinare inesistente sia quando si appella una ragione produttiva priva di ogni
riscontro, lede l’interesse del lavoratore alla continuità del vincolo negoziale e si risolve in una
vicenda traumatica, che vede direttamente implicata la persona del lavoratore. L’insussistenza del
fatto,..., denota il contrasto più stridente con il principio di necessaria giustificazione del recesso del
datore di lavoro, che questa Corte ha enucleato sulla base degli artt.4 e 35 Cost”.
Come è noto, da più di cinque anni a questa parte, il governo Renzi ha riformato il campo delle tutele
degli assunti a partire dal 7 marzo 2015, eliminando la reintegra nel campo dei licenziamenti
economici, limitandola così alle sole vicende soggettive nei casi di insussistenza del fatto
riconducibile ad un presunto grave inadempimento ed alla luce di tale pronuncia mi sembra palese
come non possa essere costituzionalmente adeguata una norma che di fronte ad una manifesta
insussistenza del fatto tuteli differentemente il lavoratore in base ad una scelta in capo al datore di
lavoro; d’altra parte sempre di insussistenza del fatto si parla, che sia più o meno legata a diverse
ragioni nella sostanza poco importa, un fatto se non esiste non esiste, indipendentemente dalla
qualificazione data dal datore.
Dott. Ettore Fabiani