Particolare tenuità del fatto: la possibile estensione alla responsabilità degli enti ex d.lgs. 231/2001

La Cassazione si è pronunciata su di una questione di indubbia significatività nell'ordinamento penalistico, ovverosia la possibile estensione (rectius: applicazione) della causa di non punibilità costituita dalla particolare tenuità del fatto commesso, nel sistema della responsabilità amministrativa dipendente da reato delineato dal d.lgs. 231/2001. La sentenza, depositata il 28 febbraio 2018 ed avente n. 9072, pronunciata dalla III sezione penale dell'organo giurisdizionale di ultima istanza affronta la questione estremamente dibattuta e ritenuta dai giudici della stessa come “di puro diritto”. Occorre anzitutto partire dall'affermazione secondo cui l'intervento giurisprudenziale in materia risultava essere, sin dalla introduzione all'interno del nostro ordinamento giuridico della stessa causa di non punibilità fondata sulla particolare tenuità del fatto, necessitato ed inevitabile. Tali considerazioni sono dovute sostanzialmente alla lacuna normativa, perfettamente colta anche dalla stessa Suprema Corte, in quanto il legislatore non si è minimamente occupato della questione concernente l'applicabilità della causa di non punibilità de qua alle ipotesi di “reato” commesso dalle persone giuridiche. La latitanza del legislatore sul punto (non si sa peraltro quanto volontaria o quanto, al contrario, originata da una semplice dimenticanza o poca accuratezza della elaborazione delle disposizioni normative riguardanti la particolare tenuità del fatto) è risultata foriera del dibattito circa la possibile estensione o meno della causa suddetta ed ha inevitabilmente chiamato in causa il giudice nomofilattico.

Il difetto di presa di posizione da parte del legislatore sul tema deve necessariamente imputarsi non certo e non tanto all'intervento del 2001, volto a codificare la responsabilità amministrativa dipendente da reato delle persone giuridiche e degli enti, che prende in considerazione e disciplina la sola ipotesi di amnistia come causa, peraltro, non di non punibilità ma di vera e propria estinzione del reato, dettandone la relativa regolamentazione ma, piuttosto, all'intervento del 2015 con cui il legislatore delegato, con il d.lgs. 28/2015, ha introdotto all'interno del nostro ordinamento proprio la particolare tenuità del fatto, non preoccupandosi di adeguare l'operatività di tale nuova causa alla disciplina precedentemente dettata in materia di “reati” (indirettamente ed implicitamente) riconducibili agli enti, per il tramite della persona fisica che li ha materialmente commessi.


 

I due orientamenti emersi sulla questione

Le soluzioni all'annoso dibattito sono, sempre secondo i giudici della III sezione penale della Corte di Cassazione, due, contrapposte e ovviamente fondate su posizioni ermeneutiche tra loro antitetiche.

La prima scuola di pensiero, fedele ad una interpretazione letterale del dettato normativo, ritenuto a fortiori necessitato di una stretta ermeneusi in campo penalistico, stante l'operatività del principio di stretta legalità, ritiene come la mancata presa di posizione da parte del legislatore sul punto manifesterebbe l'inequivoca volontà di questo di escludere dal sistema di responsabilità amministrativa dipendente da reato degli enti l'operatività della causa di non punibilità de qua. Dunque, tale prima posizione ermeneutica ritiene non estensibile la particolare tenuità del fatto alla responsabilità delle persone giuridiche in quanto la soluzione contraria sarebbe una forzatura del dettato normativo, che deve essere preservato nella sua voluntas legis racchiusa nella costruzione delle norme. Alle persone giuridiche sarebbe, pertanto, applicabile la sola causa di estinzione del reato costituita dall'amnistia, su cui il legislatore si è espressamente pronunciato con la sua elaborazione e disciplina.

Contrapposta a tale prima posizione ideologica ed interpretativa risulta essere quella secondo cui sarebbe assolutamente irragionevole ritenere operativa, in materia di responsabilità “para-penale” degli enti, una causa di estinzione del reato, qual'è quella rappresentata dall'amnistia, e non una causa di non punibilità, qual'è quella costituita dalla particolare tenuità del fatto. L'interpretazione estensiva, volta a consentire l'operatività di quest'ultima causa di non punibilità anche al campo della responsabilità amministrativa dipendente da reato delle persone giuridiche, muove altresì dalla considerazione che, anche volendo operare una analogia interpretativa in tale ipotesi, si tratterebbe comunque di una analogia in bonam partem, aderente con il sistema penalistico e il principio in questo dominante di applicazione del regime giuridico maggiormente favorevole al reo.


 

La soluzione data dalla Suprema Corte

Il giudice nomofilattico propende per tale ultima soluzione osservando come, in tale ambito, l'operatività della particolare tenuità del fatto non sarebbe peraltro eccessivamente difforme, in termini procedurali ma altresì sostanziali, dalla intervenuta prescrizione del reato addebitabile, per via indiretta, all'ente. La Corte di Cassazione osserva infatti come, in tale ultima ipotesi, la dichiarazione giurisdizionale di intervenuta prescrizione non esenta l'autorità giudiziaria comunque dall'accertamento di elementi attinenti alla materialità del fatto ed alla sua responsabile riconduzione al soggetto agente. Prima di dichiarare la prescrizione, infatti, il giudice penale è tenuto ad accertare, anche solo incidenter tantum, anzitutto, che il fatto di reato si è concretizzato e, in secondo luogo, che sussiste una autonoma forma di responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse o vantaggio il fatto di reato è stato commesso. Allo stesso modo, la sentenza che dichiara la non punibilità per particolare tenuità del fatto ha, come logico antecedente, la verificazione che tale fatto si è comunque concretizzato e che è riconducibile, a titolo di responsabilità, al soggetto agente. Una volta effettuato tale accertamento, l'operatività della causa di non punibilità de qua determinerà effetti sul piano meramente sanzionatorio, escludendo l'irrogazione della pena ma lasciando del tutto intatto il profilo della esistenza, storica e giuridica, del fatto di reato, inquadrandosi tali pronunce nel novero delle cc.dd. cripto condanne. A riprova di ciò è il fatto che la sentenza che dichiara la non punibilità per particolare tenuità del fatto ha comunque valore di giudicato relativamente agli elementi della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e della commissione da parte dell'imputato, con relativa iscrizione, peraltro, nel casellario giudiziario del responsabile non punibile.

Pertanto, concludono i giudici di piazza Cavour, la pronuncia di una sentenza che dichiari la non punibilità della persona fisica del reato per particolare tenuità dello stesso non esclude che tale causa di non punibilità possa estendersi altresì alla persona giuridica nel cui interesse o vantaggio il fatto di reato è stato commesso. Purtuttavia, i due accertamenti devono ritenersi, sì, collegati, ma indipendenti ed autonomi sul piano dell'accertamento e della verifica. In tal senso, la Corte di Cassazione stabilisce come la declaratoria giudiziaria di non punibilità emessa nei confronti della persona fisica, per particolare tenuità del fatto, non dia luogo ad un automatismo che dichiari, altresì, non punibile la persona giuridica ma richiede l'accertamento del fatto e della connessa responsabilità amministrativa dipendente da reato di quest'ultima, secondo valutazioni da svolgersi in concreto e non in astratto («in presenza di una sentenza di applicazione della particolare tenuità del fatto, nei confronti della persona fisica responsabile della commissione del reato, il giudice deve procedere all’accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio il reato fu commesso; accertamento di responsabilità che non può prescindere da una opportuna verifica della sussistenza in concreto del fatto reato, in quanto l’applicazione dell’art. 131 bis, cod. pen. non esclude la responsabilità dell’ente, in via astratta, ma la stessa deve essere accertata effettivamente in concreto non potendosi utilizzare, allo scopo, automaticamente la decisione di applicazione della particolare tenuità del fatto, emessa nei confronti della persona fisica»).

Dott. Fabrizio Furnari