Il fine di profitto del furto può avere anche natura non patrimoniale: l'informazione provvisoria delle Sezioni Unite

Era stata rimessa alle Sezioni Unite la seguente questione di diritto: «se il fine di profitto, in cui si concerta il dolo specifico del delitto di furto, debba essere inteso solo come finalità dell’agente di incrementare la sfera patrimoniale, sia pure in funzione del perseguimento di ulteriori fini conseguibili, ovvero se possa anche consistere nella volontà di trarre un’utilità non patrimoniale dal bene sottratto».

Secondo un primo orientamento di legittimità – si legge nel provvedimento – «la nozione di profitto risulta svincolata dalla natura economica del fine dell’agente: il profitto avuto di mira può, quindi, consistere in qualsiasi utilità, anche di natura non patrimoniale, e soddisfare un bisogno di tipo psichico, rispondendo alle più svariate finalità di dispetto, ritorsione, vendetta, rappresaglia, emulazione».

Secondo un diverso orientamento «manifestatosi nella giurisprudenza di legittimità, più recente, al contrario di quello sin qui esaminato, inquadra in senso restrittivo la nozione di profitto, nel senso di attribuire rilievo unicamente al perseguimento di una utilità di tipo patrimoniale».

Le Sezioni Unite con l’informazione provvisoria n. 7 del 2023 hanno fornito la seguente soluzione: «il fine di profitto del reato di furto, caratterizzante il dolo specifico dello stesso, può consistere anche in un fine di natura non patrimoniale».